
“Avere tutto”
Gratitudine per aver posato i miei occhi su qualcosa di speciale, per essermi lasciata cullare da quelle pagine trovando in loro conforto e protezione, gratitudine per avere percepito la bellezza.
“Avere Tutto” di Marco Missiroli è un romanzo che sa trasmettere queste sensazioni.
Recensione
Dosando magistralmente acume e sensibilità, l’autore è riuscito a cogliere le sottili sfumature dell’anima, gettando luce su sentimenti come la solitudine, la paura della morte, la nostalgia, il rimpianto.
Da attento osservatore del comportamento umano, Missiroli ci fa capire quanto una passione possa mutarsi in brama di vittoria e condizionare la vita.
Dalla sua penna nascono due personaggi, Nando e Sandro, che trasmettono al lettore un profondo senso di umanità, trasformandosi in amici fidati e indimenticabili compagni di viaggio.
Nando è un uomo innamorato del ballo.
Da giovane gareggiava insieme all’amata moglie Caterina nelle competizioni della riviera romagnola, mosso dal desiderio di vincere.
Appena i suoi piedi iniziavano a muoversi leggiadri sulla pista, il mondo gli sembrava un posto più lieto, l’aria era più limpida e le stelle si potevano toccare.
Ora Nando, che ha svolto nella vita i lavori più disparati, è rimasto vedovo e vive da solo nella sua casa a Rimini, colma di ricordi.
Cura il suo orto con dedizione perché è in quel momento che i pensieri si fermano e può sentire il contatto con la terra calda, rassicurante.
Al calar del giorno il desiderio di ballare, che emerge dal profondo della sua anima, lo spinge ad uscire di casa, salire a bordo della sua Renault 5 e dirigersi verso una sala da ballo dove riassapora il gusto della vita.
In occasione del suo compleanno, un ospite speciale lascia Milano per trascorrere del tempo con lui.
Si tratta del figlio Sandro, un uomo che sa cosa voglia dire essere divorato dalla smania di vincere, restare vittima delle pulsioni, intravedere un limite e travalicarlo.
Dentro di lui brucia un fuoco che si spegne solamente al tavolo da gioco.
Una volta tornato nella casa di famiglia, i ricordi del passato riaffiorano nel suo cuore e vecchi profumi attendono di essere respirati.
I rimpianti per gli affetti persi e i latenti sensi di colpa vengono sopiti dal legame ritrovato col padre.
L’autore dimostra un acume straordinario nel creare i dialoghi tra i due uomini, caratterizzandoli con frasi concise e ritmi incalzanti per conferire loro veridicità.
Quando Sandro scopre che Nando è gravemente malato, le pagine del romanzo inducono il lettore alla commozione.
Non si arriva mai a momenti di sdolcinatezza, ma si assaporano istanti sospesi nel tempo in cui sembra di vedere i due parlarsi con gli occhi.
Per ottenere questo risultato, che ho apprezzato profondamente, Missiroli ha compiuto un’attenta scelta lessicale, esercitando un estremo controllo delle parole. Sandro riesce a spiegare al padre cosa significhi voler avere tutto, vincere ai tavoli da gioco, sentire un formicolio alle mani.
Nando, che quel formicolio lo conosce bene perché è quello che ha sempre fatto muovere i suoi piedi sulla pista da ballo, accoglie le confidenze del figlio con gratitudine. Tra padre e figlio scorre amore, reso ormai libero da ogni condizionamento o ruolo imposto.
È amore quello che fluisce dalle mani di Sandro verso Nando, trasformandosi in carezza, in promessa.
È amore quello di cui si nutre un uomo ormai stanco e sopraffatto, restituendo uno sguardo al proprio figlio.
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